Persiena - Documento del 23 marzo 2024
La forma di cultura più nobile è conquista di coscienza, il mezzo attraverso il quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita. Ma al di là di questo valore intrinseco, lo studio, che resta un mestiere faticoso, in passato era considerato quantomeno un facilitatore, un viatico per percorsi di carriera dignitosi. Ora non è più così. Il calo delle immatricolazioni all’Università racconta da tempo una crisi del nostro Paese. Non si tratta solo di calo demografico e di progressivo impoverimento delle famiglie. Il punto su cui riflettere meglio è un altro. La precarizzazione, la promessa mancata in termini di occupazione, incide sul sistema formativo in negativo, in modo significativo. Cresce la sfiducia dei giovani nei confronti del futuro, sono numerose le incognite sul post-laurea. La fatica, anche economica delle famiglie, non garantisce opportunità. Investire nel sapere di fatto non ripaga più. I modelli di affermazione sociale sembrano nettamente distanti da quelli di un tempo.
Il rettore dell'Università di Siena ricorda dati che arrivano in netto ritardo rispetto ad una tendenza già chiara negli istituti superiori. Gli orientamenti degli studenti locali in uscita guardano fuori dalla città o non guardano affatto. Per questa ragione, affermare che l’erosione delle immatricolazioni sia frutto della concorrenza dell’offerta telematica, appare una lettura parziale. È senz’altro vero che il sistema della formazione è stato spinto all’eccessiva specializzazione, allungando inutilmente i tempi di studio e i sacrifici economici, obbligando i laureati al continuo accumulo di crediti. Basti pensare all’epopea necessaria per l’accesso all’insegnamento, che resta retribuito con stipendi da fame. Chiaramente, in questa perversione sistemica dell’eterna riforma dell’istruzione, il mercato dei crediti on-line continua a prosperare, ma le lauree non si comprano con le raccolte punti come al supermercato, almeno non ancora. Il rettore denunciava sin dallo scorso febbraio barriere strutturali; mancanza di mense e housing universitario. Citava persino il ricorso all’area vasta e ai trasporti in termini di facilitatori. Nell’ultima intervista auspica “aggiornamenti” dei percorsi universitari in crisi. Nel frattempo, diverse facoltà hanno da tempo istituito corsi in lingua inglese per attrarre studenti stranieri. Tutte misure che in termini di concorrenza e di mercato, rischiano di semplificare piuttosto che puntare sulla qualità dell’offerta formativa. Nello specifico delle aree di studio sarebbero interessanti ulteriori approfondimenti. Le lauree umanistiche, deboli ovunque, a Siena ̶ secondo i dati forniti ̶ reggerebbero, ma la città non ha saputo mettere a sistema una filiera della cultura in grado di assorbire capitale umano e garantire sviluppo. Inoltre, sono lontani i tempi in cui il Monte dei Paschi impiegava i laureati in scienze economiche e bancarie. In assenza della finanza, dopo la crisi, la cultura langue quindi in prospettiva chi si forma a Siena sarà costretto a cercare occupazione altrove. Le facoltà di ingegneria e matematica hanno da sempre meno iscritti e quelli restano, ma converrebbe fare il conto di quanti se ne perdono ogni anno diretti verso Pisa, Bologna oppure Milano. A Siena rimane chi si indirizza verso Ingegneria dell’informazione o gestionale, ma molti studenti decidono di frequentare altrove dove, nello stesso ambito, scelta di indirizzo e possibilità di impiego sono maggiori. Per l’area biomedica, biotecnologica e farmaceutica, ci vorrebbe una riflessione a parte, perché Siena aveva tradizionalmente un potenziale che l’incapacità politica sta pericolosamente sciupando.
Sono questi alcuni spunti di riflessione che il movimento Per Siena lascia alla riflessione della città, nella piena consapevolezza che non si può isolare un singolo elemento come l’Università dal contesto. Un contesto complessivo a cui manca una visione strategica.
Università. Fabbriche di sogni infranti?